Leland Stanford, facoltoso allevatore e presidente di una grande compagnia ferroviaria, scommette con un amico che un cavallo in una fase del galoppo ha tutti e quattro gli arti sollevati da terra ed estesi verso l’esterno (come nei cavalli a dondolo e secondo quanto fino ad allora riprodotto nei quadri). Per provare ciò, nel 1869, assume il fotografo inglese Eadweard Muybridge.
Muybridge attrezza la pista lungo la quale corre il cavallo Occident, con 12 apparecchi il cui otturatore viene azionato dal filo che il cavallo spezza durante la sua corsa. Il tempo di esposizione impiegato è di 1/1000 di secondo, usando lastre alla gelatina. Muybridge riesce ad ottenere una serie d’immagini che mostrano le varie fasi del movimento del cavallo al galoppo nelle quali si vede che, nel momento in cui le quattro zampe sono sollevate da terra, esse non sono rivolte all’esterno bensì ripiegate all’interno.
Uno scienziato francese, Etienne-Jules Marey, studia il galoppo dei cavalli e costruisce un suo “fucile fotografico”; una metafora della caccia, come se riuscire a cogliere il proprio soggetto equivalga, in qualche modo, a ucciderlo. Del resto in inglese scattare una foto (e girare un film) o sparare con un arma da fuoco si dicono nello stesso modo, to shoot.